Non
mi è chiaro il significato di peccato. Decido di approfondire. Leggo libri e
documenti, ascolto omelie ed interpretazioni, ma non risolvo i dubbi. Allora esco
di casa e cammino senza meta per le strade della città. Incontro un uomo (di
quelli che chiamiamo senzatetto dopo
averglielo tolto, poveri dopo averli
impoveriti, migranti dopo averli
indotti a migrare). È seduto, guarda l’ora, ma non aspetta nessuno. Mi saluta,
ma non sorride. «Mi hanno lasciato solo
la morte come alternativa!» mi dice dopo un po’. In un flash comprendo il peccato individuale e quello strutturale. Ne
vedo la violenza e la devastazione. In un secondo flash comprendo la Giustizia di Dio: non castigo, ma riscatto degli
ultimi. Ne vedo la gioia e la vittoria. «Beato te, fratello, perché hai la preferenza
di Dio» rispondo, riflettendo a voce alta. Fisso il vuoto
per un po' di tempo, ma non me ne rendo conto totalmente. Mi sento toccare il
braccio e così torno presente. Finalmente conosco il suo sorriso mentre mi
chiede: «E dove starebbe questa preferenza?». «Guarda il Crocifisso! Guarda il Crocifisso!» gli ripeto, abbracciandolo.
Ormai sono lontano, devo urlare per farmi sentire: «Ricordati di me, ti prego». Ritorno
verso casa pensando alla croce piantata proprio alla radice del peccato. Se il peccato scava abissi, la Misericordia li ricolma; se produce oppressione, la
Giustizia si schiera; se c’è una maledizione (del mondo), con la Redenzione diventa benedizione. Poi aggiorno immediatamente il diario e scrivo: dove c’è un crocifisso dal
peccato dell’uomo, c’è Dio.
Teologia dei poveri.