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Mondo parallelo

Gino (40 anni, precario), Carmelo (25 anni, disoccupato dopo aver rifiutato varie proposte da Mafia Spa), Antonio (35 anni, disoccupato dopo essersi dimesso da Camorra Spa), Ubaldo (63 anni senza pensione perché quelli con il vitalizio hanno deciso così) entrano in chiesa per ritrovare un po’ di forza.
Mentre ricevono l’abbraccio di Colui che conosce le loro sofferenze per averle condivise e che ha donato la sua vita per il riscatto degli ultimi, inizia l’omelia. È domenica. Attendono trepidanti un riferimento alla loro condizione, una parola di solidarietà per non perdere vigore nella lotta. Cedere allo sconforto in questi casi significa morire.

Ed invece ascoltano astrazioni, concetti fuori dal vissuto ugualmente validi in Africa, in Asia, in Australia, in America, oppure atemporali, cioè ugualmente validi per il medioevo, per l’età moderna e contemporanea. Linguaggio e contenuto calati dall'alto, impermeabili alla storia degli invisibili, disincarnati ma allo stesso tempo melliflui nei confronti del Potere.

Nel mondo parallelo in cui vive parte della Chiesa-Istituzione si sposano le tesi di Confindustria (e del regime mediatico al seguito) sul reddito di dignità e non le aspettative di circa 3 milioni di disoccupati, di altrettanti milioni di precari, e dei circa 4 milioni di poveri assoluti, Occorre creare lavoro non erogare reddito: affermano coloro che godono dell’otto per mille e di altri incomprensibili ed antievangelici privilegi. Si bollano come populisti interventi di giustizia sociale già presenti in molti Paesi, sapendo, pure, che una eventuale crescita economica o una modifica dell'organizzazione del lavoro, nelle condizioni attuali, non riuscirebbero ad assorbire stabilmente un numero consistente di disoccupati e di precari. Il reddito di dignità (meritevolmente appoggiato anche dall'associazione Libera fondata da don Ciotti) è una misura evangelica e scandalizza che la Chiesa-Istituzione sia critica o indifferente. Le alternative reali, infatti, sono la miseria oppure lo sfruttamento.

Testi di Papa Francesco:
«L’omelia è la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 135)

«Il predicatore deve anche porsi in ascolto del popolo, per scoprire quello che i fedeli hanno bisogno di sentirsi dire. Un predicatore è un contemplativo della Parola ed anche un contemplativo del popolo. […] Si tratta di collegare il messaggio del testo biblico con una situazione umana, con qualcosa che essi vivono, con un’esperienza che ha bisogno della luce della Parola. […] Ciò che si cerca di scoprire è “ciò che il Signore ha da dire in questa circostanza”. Dunque, la preparazione della predicazione si trasforma in un esercizio di discernimento evangelico, nel quale si cerca di riconoscere – alla luce dello Spirito – quell’“’appello’”, che Dio fa risuonare nella stessa situazione storica: anche in essa e attraverso di essa Dio chiama il credente”». (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 154)

«Frequentemente accade che i predicatori si servono di parole che hanno appreso durante i loro studi e in determinati ambienti, ma che non fanno parte del linguaggio comune delle persone che li ascoltano. Ci sono parole proprie della teologia o della catechesi, il cui significato non è comprensibile per la maggioranza dei cristiani Il rischio maggiore per un predicatore è abituarsi al proprio linguaggio e pensare che tutti gli altri lo usino e lo comprendano spontaneamente. Se si vuole adattarsi al linguaggio degli altri per poter arrivare ad essi con la Parola, si deve ascoltare molto, bisogna condividere la vita della gente e prestarvi volentieri attenzione». (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 158)

«Nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci per la salute delle istituzioni della società civile, senza esprimersi sugli avvenimenti che interessano i cittadini». (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 183)

«Una fede autentica – che non è mai comoda e individualista – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra. […] Sebbene “il giusto ordine della società e dello Stato sia il compito principale della politica”, la Chiesa “non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia”. (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 183)

«Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, in modo che essi possano integrarsi pienamente nella società; questo suppone che siamo docili e attenti ad ascoltare il grido del povero e soccorrerlo». (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 187)

«La bellezza stessa del Vangelo non sempre può essere adeguatamente manifestata da noi, ma c’è un segno che non deve mai mancare: l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 195)

«Quando [Gesù] iniziò ad annunciare il Regno, lo seguivano folle di diseredati, e così manifestò quello che Egli stesso aveva detto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; perché mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio” (Lc 4,18). A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicurò che Dio li portava al centro del suo cuore: “Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio” (Lc 6,20); e con essi si identificò: “Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare”, insegnando che la misericordia verso di loro è la chiave del cielo (cfr Mt 25,35s)» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 197)

«Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 198)

«È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare [dai poveri]. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro». (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 198)

«Nessuno dovrebbe dire che si mantiene lontano dai poveri perché le sue scelte di vita comportano di prestare più attenzione ad altre incombenze» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 201)


«La necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere, non solo per una esigenza pragmatica di ottenere risultati e di ordinare la società, ma per guarirla da una malattia che la rende fragile e indegna e che potrà solo portarla a nuove crisi. I piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie. Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all'autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L'inequità è la radice dei mali sociali». (Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 202)